«Un buon artigiano della filosofia medievale»
In memoria di Paolo Lucentini (1937-2011)
di Pasquale Arfé
Descrivere la
fisionomia di una determinata personalità è un’operazione suscettibile
di un duplice approccio: si può cominciare dall’analisi dei fatti,
delle azioni compiute, per poi inferirne i principi sottesi oppure
partire dai principi per illuminare i fatti. Seguirò questo secondo
metodo per parlarvi di Paolo, sia per motivi di sintesi sia perché ho
avuto la fortuna di conoscerlo direttamente come suo allievo
universitario. Illuminare, dunque, i fatti a partire dai principi: ma
quali sono i principi di cui qui parlo? In ogni personalità sono gli
ideali, le forze motrici della propria azione nel mondo, quei principi
che ci orientano, animando il nostro agire e che, talvolta risultano
da noi stessi traditi, talvolta invece appena tangenzialmente
sfiorati, talvolta ancora, ma in casi molto rari, pienamente attuati.
L’individuazione di questi principi è di fondamentale importanza per
spiegare una personalità come quella di Paolo, in cui l’elemento umano
non poteva essere facilmente separato da quello scientifico,
humanitas e scientia, nel suo caso, apparivano come due
forme inscindibili della stessa natura, spesso convergenti, l’una
talora necessaria a chiarire l’altra e viceversa.
1. Il principio ideale vivente nella sua personalità è stato quello di
un’accentuata tensione verso la libertà: questa tensione prendeva
innanzitutto forma sul piano personale in un rifiuto verso ogni tipo
di costrizione fisica tale che egli non poteva indossare né un anello
né un orologio né una catenina, meno che meno una cravatta e solo in
casi eccezionali la giacca. Ricordo l’episodio della conversazione con
un collega che gli consigliava per motivi di carriera di andare a
parlare con un importante professore dell’accademia italiana: Paolo
accolse il suo consiglio, ma mentre usciva, si sentì dire «mi
raccomando giacca e cravatta». La reazione fu immediata: Paolo non
andò più a parlare! La sua carriera avrebbe poi conosciuto altri
sviluppi. Ma la sua tensione verso la libertà e il suo rifiuto di ogni
costrizione autoritaria si è tradotta in una forma più alta nella sua
relazione con gli allievi nel contesto dell’insegnamento
universitario. Il suo insegnamento era rigoroso, spesso severo, ma
sempre rispettoso della nostra libertà: la nostra non è mai stata una
setta, ma una scuola aperta al libero scambio, confronto-scontro, di
idee e di opinioni, ciò perché lui - cosa di cui gli sarò sempre
eternamente grato - non era un indottrinatore, né il maestro dell’ipse
dixit, ma esortava a fare da sé, a non dipendere dal suo giudizio. La
celebre frase di Orazio, «nullius addictus iurare in verba magistri» (Epist.
I, 1, 14), potrebbe essere scritta sul portale della sua scuola
scientifica. Noi non lo abbiamo mai seguito passivamente, semmai lo
abbiamo inseguito, poiché intuivamo la sua grandezza e bravura, che,
chiarendo e insegnando, senza mai costringerci, spesso sopportava di
veder tradite da parte nostra le sue indicazioni, consapevole di dover
pagare il prezzo della coerenza con il proprio insegnamento. «Plato
amicus, sed magis amica veritas»: nel senso che di fronte
all’accertamento della verità, l’unica vera autorità è in ultima
analisi la propria coscienza. Chi insegna un tale ideale è una
personalità che aspira alla libertà, non vuole sopraffare gli altri,
non vuole farli dipendere da sé. Con lui perciò si discuteva e si
poteva anche scientificamente “litigare”: ciò che ha permesso a
ciascuno di noi di crescere e di affermare la propria personalità
scientifica in un clima di libertà: ci esortava a collaborare con i
grandi esperti, per poi aprirsi a un dialogo con noi, dove non mancava
- se fosse stato il caso - di mettere in discussione anche la propria
posizione. Posti tra Paolo e questi esperti, noi allievi abbiamo
potuto non solo realizzare una nostra forza scientifica, esprimendo
posizioni critiche anche su materie di cui egli era esperto
dichiarato, ma anche di elaborare una esperienza formativa di alta
qualificazione internazionale: ciò che oggi viene in tal senso
richiesto dai parametri di qualificazione ministeriale per i
ricercatori, cosa che con Paolo, tutti noi, abbiamo potuto conquistare
naturalmente sin dall’inizio, sui banchi universitari, a partire da
venti anni a questa parte. Alla tensione di Paolo verso la libertà
sarò in definitiva sempre grato, poiché ha consentito a ciascuno di
noi, essendo sorretti dalla sua guida, di individuare e di percorrere
la propria via scientifica.
2. Un altro aspetto del suo magistero è stato l’esempio dello stile.
Chiunque abbia conosciuto Paolo non ha potuto che ricavare il senso
vero dell’eleganza. Sul piano personale, il senso dell’eleganza si
manifestava in una semplicità assoluta: un abbigliamento essenziale,
senza fronzoli, schietto e sincero. Capi emblematici erano sandali e
sahariana. Sul piano scientifico, il senso
dell’eleganza si traduceva in una scrittura asciutta, lineare, sobria,
chiara, luminosa come il suo nome, che gli sorgeva spontanea come
un’esigenza di adeguamento alla realtà. Egli era convinto che non si
dovesse minimamente alterare il reale perché esso potesse rivelare la
sua bellezza. La bellezza non è un quid giustapponibile alle cose,
quasi come un velo volto a ricoprirle, ma è, come dovevo in seguito
capire, secondo la nota massima platonica, ripresa anche da Tommaso
d’Aquino (Script. sup. Sent. I, d. 3, q. 2, a. 3), lo
«splendore del vero». L’operazione dell’artista risiede nella sapiente
posizione delle cose affinché esse possano risplendere della loro
semplicità. Ricordo personalmente quanto fosse per me impegnativa
l’esperienza dei primi saggi di scrittura scientifica: cercavo di
realizzare il suo modello, per me ideale di bellezza, percorrendo però
la via sbagliata di un eccessivo abbellimento della forma. Una volta
questo mi costò un’esperienza sconcertante, mi disse: «Pasquale, tu
devi essere arido!», una frase che a tutta prima mi lasciò stupefatto,
ma che, in seguito, si rivelò, nel processo tecnico della scrittura
scientifica, come l’unico vero correttivo del mio stile.
Sobrio e sobrietà sono due parole che egli - più di tutti nella vita -
mi ha detto, pronunciato, ricordato e che costituivano anche il
naturale segreto della sua eleganza: chi lo ha conosciuto ha visto la
sua classe, senza artifici, lo stile composto, la misura anche
nell’uso dei superlativi, il massimo per lui era dire «buono», quasi
che a noi uomini non fosse dato di andare oltre il grado positivo, il
superlativo essendo, secondo l’insegnamento di Dionigi l’Areopagita,
dominio esclusivo della trascendenza dell’essere. La voce calma e
sommessa, priva di ogni esaltazione, amichevole, lo rendeva talvolta
quasi inattuale, in un mondo come il nostro dove troppo spesso prevale
la logica dell’urlo e delle note stonate. La sua naturale decenza, nel
senso latino di opportuna convenienza, lo ha anche guidato
nell’aspetto che gli era meno congeniale della nostra professione: le
istituzioni. Egli ha attraversato l’intero cursus istituzionale della
professione di un docente dell’accademia italiana allo stesso modo,
come ho cercato di descrivere, della vita quotidiana. La sua natura di
puro studioso lo rendeva immune da quel naturale pericolo che insidia
ogni uomo quando ricopre incarichi istituzionali di rilievo, la brama
di potere. In effetti, non ha mai visto le istituzioni come la sede
per la realizzazione e l’esercizio di un potere personale e quando,
per destino, si è trovato a gestirlo d’ufficio è stato, coerentemente
con il suo stile, sempre e ancora una volta pacato, misurato, privo di
ogni egoistica rapacità, consapevole di non essere il solo a meritare
un aiuto per sé e per i suoi, sempre pronto ad aiutare chi fosse,
secondo lui, meritevole.
3. Il senso di una più profonda gratitudine provo quando penso non
tanto alla forma del suo insegnamento quanto piuttosto al suo
contenuto specificamente tecnico. Come allievo, devo dire che lui non
ci ha mai fatto sconti, ci ha sempre presentato la professione come il
campo di un duro lavoro e di un faticoso percorso: nella sua «bottega»
di storico della filosofia medievale non c’era spazio per l’ozio.
Maestro di cesello e di intaglio fine esercitava la sua competenza
nella realizzazione di opere di grande respiro quali edizioni
critiche, cataloghi, saggi, articoli scientifici, censimenti,
curatele, tutte cose che non si preparano in un giorno, ma che
richiedono un impegno di anni. Un certo senso titanico del lavoro
scientifico lo induceva a esortare i propri allievi a fabbricare cose
di spessore e a non perdere tempo con generi inferiori come ad esempio
le recensioni o gli articoli che non presupponessero uno studio almeno
di sei mesi. Personalmente, gli sono grato per avermi presentato la
nostra professione di storici nella forma più alta e completa
possibile, nella forma che da subito ho scelto e che proseguirò per
tutta la mia vita, poiché ancora oggi non riesco a concepirne una
diversa. Lo storico della filosofia ha il compito più difficile perché
non deve essere solo un filosofo, ma in quanto storico ha l’obbligo di
essere anche un filologo. Filosofia e filologia vivevano praticamente
nei corsi di Paolo: fu lui ad introdurmi negli studi sul platonismo
cristiano e sull’ermetismo latino, fin nei temi codicologici e
paleografici. Fu lui ad introdurmi in questo aspetto filologico del
mestiere dello storico, a mostrarmi fogli di manoscritti, a farmi
prendere contatto con le scritture latine, a farmi entrare nei
problemi descrittivi del materiale documentale antico, medievale e a
stampa, da lui sentii per la prima volta parlare di Giorgio Pasquali,
delle virtù dell’editore, della tecnica della recensione di Lachmann,
di Paul Maas. Roba che mai avrei immaginato di dover studiare
recandomi a lezione di Filosofia medievale.
4. Un «buon artigiano» della storia della filosofia medievale è stato
Paolo Lucentini. Come un buon artigiano, di fatto, egli diceva di
operare e amava pensare di essere ricordato. Una volta, infatti, dopo
lezione, a pranzo, in via dei Fiorentini, in uno dei nostri
conversari, dove si parlava di temi e di autori, il discorso cadde sui
grandi luminari del nostro settore, Garin, Kristeller, Klibansky. Ed
io di rimando scherzando dissi che anche lui avrebbe dovuto esser
parte di quel numero come luminare dell’ermetismo. Mi rispose che non
gli avrebbe fatto piacere esser considerato un luminare, ma che
avrebbe preferito esser visto solo come «un buon artigiano della
filosofia medievale». E questa immagine felice del «buon artigiano»
sintetizza bene il carattere fondamentale della sua personalità,
ugualmente lontana dalle seduzioni luciferiche dell’orgoglio e della
vanità, i due peccati a cui sono naturalmente esposti lo scienziato,
da un lato, e l’artista, dall’altro, mentre il buon artigiano ci
richiama proprio agli ideali del suo essere, alla sapienza e alla
umiltà concretamente poste al servizio della vita, secondo l’intento
originario del francescanesimo. Questa sua
autoconsapevolezza rappresenta la migliore immagine per comprendere i
tratti di una personalità che ha indubbiamente offerto all’Accademia
filosofica italiana un nobile esempio di competenza seria e di umana
professionalità.
***
Paolo Lucentini
(Macerata 1937 - Firenze 2011), laureato in giurisprudenza a
Firenze, ebbe la ventura di comunicare la sua forte vocazione per la
storia della filosofia medievale a un noto dirimpettaio della sua
abitazione fiorentina, certo Eugenio Garin, che, dissuadendolo dal
conseguire un’altra laurea, lo avviò sul sentiero pratico di una
realizzazione professionale, che lo ha visto insegnare prima nella
scuola secondaria e poi all’Università. Dal 1975 ha, infatti,
insegnato “Storia della Filosofia medievale” presso la Facoltà di
Lettere e Filosofia della Università degli Studi di Napoli
“L'Orientale”, ricoprendo gli incarichi istituzionali di Presidente
del Corso di Laurea in Filosofia, negli anni 1987-1995, e di
Coordinatore del Dottorato di Ricerca in “Filosofia e Politica”, negli
anni 1995-2001, nonché, a partire dal 1997, di responsabile
scientifico del programma ministeriale “Filosmed” per l’unità di
ricerca dell'Orientale e, infine, dal 2005 al 2010, di Decano del
Dipartimento di “Filosofia e Politica”. Pochi mesi dopo il
pensionamento, al termine di trentacinque anni completi di servizio,
si è spento a Firenze il 20 gennaio 2011. Le sue ricerche scientifiche
si sono evolute da un iniziale interesse per la storia del platonismo
e delle eresie fino alla innovativa recensione della tradizione
dell’ermetismo medievale. Fondatore e direttore del progetto di
edizioni critiche e di studi “Hermes Latinus”, pubblicato presso il
«Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis» (Brepols, Turnhout),
ha coordinato un gruppo internazionale di ricercatori che, con i loro
studi, hanno impresso nuovi impulsi alla storiografia sulle civiltà
non solo di lingua latina, ma anche di lingua greca, araba ed ebraica,
dal Mediterraneo al Medio Oriente, dal mondo tardo-antico al Medioevo.
Pubblicazioni
1. Libri
Edizioni:
- Honorius Augustodunensis, Clavis Physicae, Edizioni di Storia
e Letteratura, Roma 1974 (Temi e testi, 21).
- Liber Alcidi de immortalitate animae. Studio e edizione critica,
Istituto Universitario Orientale, Napoli 1984.
- Hermes Latinus, Liber de sex rerum principiis, edd. P.
Lucentini - M.D. Delp, Brepols, Turnhout 2006 (Corpus Christianorum.
Continuatio Mediaevalis, 142).
- Garnerius de Rupeforti, Contra Amaurianos, Brepols, Turnhout
2010 (Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis, 232).
Monografie:
- Platonismo medievale. Contributi per la storia dell’eriugenismo,
La nuova Italia, Firenze 1979 (19802 ed. riveduta).
- P. Lucentini - V. Perrone Compagni, I testi e i codici di Ermete
nel Medioevo, Polistampa, Firenze 2001 (Hermetica Mediaevalia, 1).
- Platonismo, ermetismo, eresia nel Medioevo, Fédération
Internationale des Instituts d’Études Médiévales, Louvain-la-Neuve
2007 (Textes et Études du Moyen Âge, 41) [= Peem].
Traduzioni:
- Il libro dei ventiquattro filosofi, Adelphi, Milano 1999
(Piccola Biblioteca Adelphi, 429).
- El libro de los veinticuatro filósofos, ed. Lucentini, trad.
C. Serna - J. Pórtula, Siruela, Madrid 2000.
Curatele:
- Hermetism from Late Antiquity to Humanism. La tradizione ermetica
dal mondo tardo-antico all’Umanesimo. Atti del convegno internazionale
di studi (Napoli, 20-24 novembre 2001), edited by P. Lucentini -
I. Parri - V. Perrone Compagni, Brepols, Turnhout 2003 (Instrumenta
Patristica et Mediaevalia, 40).
2. Contributi in
riviste e volumi
Edizioni :
- Le annotazioni di Nicola Cusano alla Clavis Physicae, in
Lucentini, Platonismo medievale. Contributi per la storia
dell’eriugenismo, pp. 77-109 [Peem, pp. 19-48].
- Le glosse al libro I del De divisione naturae nel codice
Brit. Mus. Addit. 11035, ibid. pp. 113-124.
- Glosae super Trismegistum. Un commento medievale all’Asclepius
ermetico, «Archives d’Histoire Doctrinale et Littéraire du
Moyen Age», 62 (1995), pp. 189-293 [Peem, pp. 107-222].
- Il Liber de accidentibus ermetico e il commento di Haly
Abenrudianus al Tetrabiblos di Tolomeo. Appendice :
L’ermetismo e Albumasar. L’edizione dell’Introductorium maius a
cura di Richard Lemay, in S. Caroti - R. Pinzani (edd.), Ob
rogatum meorum sociorum. Studi in memoria di Lorenzo Pozzi,
Franco Angeli, Milano 2000, pp. 93-122 [Peem, pp. 325-362].
- Belenus, Liber imaginum Lunae (recensio Michaelis Scoti), in
M. Folkerts - R. Lorch (Hgg.), Sic itur ad astra. Studien zur
Geschichte der Mathematik und Naturwissenschaften. Festschrift für den
Arabisten Paul Kunitzsch zum 70. Geburtstag, Harrassowitz,
Wiesbaden 2000, pp. 444-450 [Peem, pp. 311-312, 317-324].
- Belenus, De viginti quattuor horis (recensio Michaelis Scoti),
ibid. pp. 442-444 [Peem, pp. 311, 313-316].
- Hermes Latinus, Liber de accidentibus, in Hermes Latinus,
Astrologica et divinatoria (De stellis beibeniis, De accidentibus,
Antimaquis, De spatula, Lectura geomantiae, Liber runarum), edd.
G. Bos - C. Burnett - T. Charmasson - P. Kunitzsch - F. Lelli - P.
Lucentini, Brepols, Turnhout 2004 (Corpus Christianorum. Continuatio
Mediaevalis, 144C), pp. 139-173.
- Hermes Latinus, Liber runarum, ibid. pp. 401-449.
Articoli :
- La Clavis Physicae di Honorius Augustodunensis. Codici e
titoli marginali, Firenze 1970 (Atti e Memorie dell’Accademia
Toscana di Scienze e Lettere «La Colombaria», 35), pp. 103-135.
- La Clavis Physicae di Honorius Augustodunensis e la
tradizione eriugeniana nel secolo XII, in R. Roques (éd.), Jean
Scot Erigène et l’histoire de la philosophie. Colloques
Internationaux du Centre National de la Recherche Scientifique 561
(Laon, 7-12 juillet 1975), Centre National de la Recherche
Scientifique, Paris 1977, pp. 405-414 [Peem, pp. 1-17].
- L’eresia di Amalrico, in W. Beierwaltes (Hg.), Eriugena
redivivus. Zur Wirkungsgeschichte seines Denkens im Mittelalter und
im Übergang zur Neuzeit. Vorträge des V. Internationalen
Eriugena-Colloquiums Werner-Reimers-Stiftung (Bad Homburg, 26-30.
August 1985), Winter, Heidelberg 1987, pp. 174-191 [Peem, pp.
363-385].
- L’Asclepius ermetico nel secolo XII, in H.J. Westra
(ed.), From Athens to Chartres. Neoplatonism and Medieval Thought.
Studies in Honour of Édouard Jeauneau, Brill, Leiden-New York-Köln
1992, pp. 397-420 [Peem, pp. 71-105].
- L’edizione critica dei testi ermetici latini, in V. Placella
- S. Martelli (edd.), I moderni ausili all’ecdotica. Atti del
convegno internazionale di studi (Fisciano-Vietri sul Mare-Napoli,
27-31 ottobre 1990), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1994, pp.
265-285.
- Il corpo e l’anima nella tradizione ermetica medievale, in C.
Casagrande - S. Vecchio (edd.), Anima e corpo nella cultura
medievale. Atti del V convegno di studi della SISPM (Venezia,
25-28 settembre 1995), SISMEL, Firenze 1999, pp. 181-190 [Peem,
pp. 223-234].
- L’ermetismo magico nel secolo XIII, in M. Folkerts - R. Lorch
(Hgg.), Sic itur ad astra, pp. 409-450 [Peem, pp. 265-324].
- Il problema del male nell’Asclepius, in Hermetism from
Late Antiquity to Humanism. La tradizione ermetica dal mondo
tardo-antico all’Umanesimo, pp. 25-44 [Peem, pp. 49-69].
- Il Liber viginti quattuor philosophorum nella Commedia
dantesca e nei suoi primi commentari, in V. Placella (ed.),
Lectura Dantis 2001, Università degli Studi di Napoli
“L’Orientale”, Napoli 2005, pp. 93-122 [Peem, pp. 235-264].
- Dialettica, teologia, filosofia: Alano di Lille e Amalrico di
Bène, in J.-L. Solère - A. Vasiliu - A. Galonnier (éds.), Alain
de Lille, le docteur universel. Philosophie, théologie et littérature
au XIIe siècle. Actes du XIe Colloque international de la Société
Internationale pour l’Étude de la Philosophie Médiévale (Paris, 23-25
octobre 2003), Brepols, Turnhout 2005, pp. 277-288 [Peem, pp.
387-398].
- I falsi di Guarniero di Rochefort nel Contra Amaurianos.
Roscellino di Compiègne, i Catari e Amalrico di Bène, «Giornale
Critico della Filosofia Italiana», 25/2 (2005), pp. 269-297 [Peem,
pp. 399-433].
- Per una interpretazione di Amalrico di Bène, in F. Rizzo
(ed.), Filosofia e storiografia. Studi in onore di Girolamo
Cotroneo, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005, I, pp. 225-254 [Peem,
pp. 435-469].
- P. Lucentini - A. Sannino, Recommendatio astronomiae : un anonimo
trattato del secolo XV in difesa dell’astrologia e della magia, in
C. Burnett – W.F. Ryan (eds.), Magic and Classical Tradition,
The Warburg Institute and Nino Aragno Editore, London and Turin 2006,
pp. 177-198.
Note e Recensioni :
- La nuova edizione del Periphyseon dell’Eriugena,
«Studi medievali», ser. 3, 17 (1976), pp. 393-414. Recensione a :
Iohannis Scotti Eriugenae Periphyseon (De diuisione naturae) libri
I-II, ed. I.P. Sheldon-Williams, Dublin 1968-1972 (Scriptores
Latini Hiberniae, VII, IX).
- A proposito della questione della magia nel pensiero medievale,
«Giornale critico della filosofia italiana», 83 (2004), pp. 257-274.
Voci di Enciclopedia :
- Hermes Trismegistus II: Middle Ages, in Dictionary of
Gnosis and Western Esotericism, edited by W.J. Hanegraaff in
collaboration with A. Faivre - R. van den Broek - J.-P. Brach, Brill,
Leiden-Boston 2005, I, pp. 479-483.
- Hermetic Literature II: Latin Middle Ages, in Dictionary of
Gnosis and Western Esotericism, pp. 499-517, 526-528.
3. Direzione scientifica di collane
A. Hermes Latinus : Opera Omnia,
Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis (Brepols,
Turnhout) :
Hermes Latinus, De triginta sex decanis, ed. S. Feraboli,
Brepols, Turnhout 1994 (Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis,
144).
Hermes Latinus, Liber viginti quattuor philosophorum, ed. F.
Hudry, Brepols, Turnhout 1997 (Corpus Christianorum. Continuatio
Mediaevalis, 143A).
Hermes Latinus, Astrologica et divinatoria (De stellis beibeniis,
De accidentibus, Antimaquis, De spatula, Lectura geomantiae, Liber
runarum), edd. G. Bos - C. Burnett - T. Charmasson - P. Kunitzsch
- F. Lelli - P. Lucentini, Brepols, Turnhout 2004 (Corpus
Christianorum. Continuatio Mediaevalis, 144C).
Hermes Latinus, Liber de sex rerum principiis, edd. P.
Lucentini - M.D. Delp, Brepols, Turnhout 2006 (Corpus Christianorum.
Continuatio Mediaevalis, 142).
B. Hermetica Mediaevalia
(Edizioni Polistampa, Firenze):
P. Lucentini - V. Perrone Compagni, I testi e i codici di
Ermete nel Medioevo, Edizioni Polistampa, Firenze 2001 (Hermetica
Mediaevalia, 1).
I. Parri, La via filosofica di Ermete. Studio sull’Asclepius,
Edizioni Polistampa, Firenze 2005 (Hermetica Mediaevalia, 2).
V. Perrone
Compagni, Ermetismo e Cristianesimo in Agrippa. Il De triplici
ratione cognoscendi deum, Edizioni Polistampa, Firenze 2005 (Hermetica
Mediaevalia, 3).
|